La pratica di mettâ

03.01.2017

Nella tradizione Buddhista, esistono diverse pratiche meditative, volte a raggiungere un sempre maggiore stato di consapevolezza della realtà e del proprio stato interiore per come è, andando a smascherare le illusioni create dalla nostra mente e mirando a rientrare e riconnettersi sempre di più con le sensazioni corporee. Una di queste pratiche, meno conosciuta al pubblico che si interessa di meditazione per motivi di stress, ansia o per sentirsi semplicemente meglio, si chiama meditazione mettā, ovvero la meditazione sull'amorevole gentilezza. Mettā infatti è uno dei "4 incommensurabili" o Brahmavihara (letteralmente "dimore di Brahma"), qualità sublimi dell'essere umano che possono essere sviluppate attraverso una pratica costante. I brahmavihara sono mettā, karunā, muditā e upekkhā, ossia amorevole gentilezza, compassione, gioia condivisa ed equanimità. Queste qualità dell'essere e di pensiero, ci permettono di uscire dal modo di affrontare la realtà ordinario, di solito pieno di reazioni, spesso spropositate e di certo automatiche verso gli accadimenti esterni e gli atteggiamenti altrui e di entrare in una modalità più tranquilla, rilassata e consapevole delle cose, generando in sé un senso di maggiore unità tra noi e tutto ciò che ci circonda. Secondo Thích Nhất Hạnh, famoso monaco buddhista vietnamita, la pratica della meditazione mettā nel tempo porta il praticante a godere di numerosi benefici:

"dormire bene,

svegliarsi al mattino sentendosi bene e con il cuore leggero,

non fare sogni spiacevoli,

le persone ci vogliono bene e noi ci sentiamo a nostro agio con loro, specialmente con i bambini,

essere gentili verso gli animali,

essere sostenuti e protetti da dei e dee,

essere protetti dal fuoco, dal veleno e dalla spada,

essere in grado di raggiungere facilmente la concentrazione meditativa,

il viso diventa luminoso e chiaro,

si ha chiarezza mentale al momento della morte,

si rinasce nel paradiso di Brahma."

(fonte: https://www.istitutomindfulness.com/esercizio-di-meditazione-di-metta/)

Mettā è una pratica in cui si coltivano pensieri di benevolenza nei propri confronti e poi si espande questa benevolenza con altri, includendo infine, in modo equanime, tutti gli esseri dell'universo. Si parte da se stessi, si procede con persone a noi care, poi con persone neutre che magari conosciamo ma verso cui non proviamo particolari emozioni, come un vicino di casa e così via, fino ad includere tutti gli esseri umani.

Ci sono diversi modi di praticare la meditazione mettā. Vediamone un paio:

Innanzi tutto bisogna sedersi in un posto tranquillo o su un cuscino o su una sedia, restare con la schiena eretta, ma non rigida, e favorire uno stato mentale rilassato, facendo qualche respiro profondo e iniziando a percepire il corpo. Si prosegue, come consiglia la dott.ssa Nicoletta Cinotti, col ripetere mentalmente delle frasi di "gentilezza amorevole" verso se stessi:

«Che io possa io essere felice

Che io possa essere al sicuro, libero dalle avversità

Che io possa avere la pace nel cuore e nella mente

Che io possa essere libero dalla sofferenza fisica

Che io possa avere cura di me stesso con gentilezza e saggezza.»

(https://nicolettacinotti.net/la-pratica-di-metta/)

Si procede, lentamente e consapevolmente, rimanendo in contatto con il proprio corpo ad inviare queste frasi d'amore sostituendo al pronome io il nome di una persona cara e si continua con l'espansione del messaggio di amore verso altre persone.

Un altra meditazione mettā, sempre coerente con il suo significato e scopo ma con pensieri da recitare leggermente diversi, è quella proposta da Alberto Cortese (https://zeninthecity.org/):

« Che io possa prendermi cura di me

di quello che mi piace di me e di quello che non mi piace

di quello che conosco di me

e di quello che non conosco

Che io posso prendermi cura di tutto ciò

con amorevole gentilezza.

Che io possa vedere sempre più chiaramente

e sradicare sempre più profondamente

le cause della sofferenza: l'attaccamento, l'avversione, la non visione

dentro e fuori di me.

Che io possa essere libero

da tutta la sofferenza non necessaria.

Che io possa essere felice e in pace

con tutto ciò che viene e tutto ciò che se ne va.»



per approfondimenti sull'argomento, visitate anche questo sito:

https://santacittarama.altervista.org/metta_vipassana.htm

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